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sabato 30 aprile 2011

Papa Wojtyla beato, una festa per la Chiesa e il mondo

La beatificazione di papa Giovanni Paolo II mi ha dato l'occasioenn di scrivere diversi articoli su quyeta gradne figura, che ho potuto 'veder' personalmente, sia nella sua visita a Venezia, sia alla gioranta mondiale della gioventù di Pairigi, nel 1997, sia in quella di Roma a Tor Vergata, nel Giubileo del 2000.
Vorrei allora segnalare qui, anche con dei link ai testi definitivi, queste mie riflessioni, fatte per diverse testate, su qusto grande ponteficie che ha segnato la storia della Chiesa e di tante persone.
per la Fondazione Magna Carta e L'Occidentale: http://www.magna-carta.it/content/papa-beato
Beato il 1 maggio. A tempo di record, oltre ogni previsione e tempistica pontificia. Ma per papa Giovanni Paolo II, fin dal giorno della sua “dipartita alla casa del Padre”, il sensus fidei del popolo di Dio lo aveva già acclamato santo. Già in vita si percepiva la grandezza dell’uomo, ma quello che il pudore frenava prima, ora, dopo la sua morte, è diventato come un fiume in piena. Il numero di persone che raccontano la sua ricca e profonda personalità sembra non arrestarsi mai. L’ufficio di Roma per la postulazione è inondato di lettere ed email, i messaggi che oggi, nell’era del web e dei social media, arrivano alla pagine di face book, i video su youtube,  i libri e le conferenze che si organizzano per raccontare le diverse sfaccettature di questo carismatico personaggio, non si contano più. Ci sono voluti i tempi tecnici minimi per poterlo elevare agli altari della beatificazione, e comunque facendo una deroga ai cinque anni minimi richiesti dal diritto canonico. Si potrebbe azzardare l’ipotesi che i tanti santi e beati, questa schiera di “protettori celesti”, da lui elevati all’onore degli altari in un numero record, oltre 1000, abbia dato un’ulteriore spinta all’iter di beatificazione. Lui stesso, di fronte alla perplessità di proclamare con troppa facilità e velocità le virtù eriche di tanti cristiani, rispondeva dicendo che proprio la santità cristiana, la coerenza della vita, la trasparenza della virtù devono essere il fine, l’obiettivo di tutti i fedeli di Cristo. Essere santi deve essere una strada percepita come realizzabile da tutti, non esclusiva di personalità particolarmente dotate e capaci. Ha voluto affermare la santità della vita di persone comuni, di padri, madri, giovani, non solo preti e suore. Voleva che il vangelo permeasse tutto e tutti. In particolare i giovani, con la loro energia, vivacità ed entusiasmo divennero particolari destinatari della sua preghiera ed attenzione. È lui, infatti, che ‘inventò’ quegli appuntamenti di grande appeal, mediatico e spirituale, che sono le Giornata Mondiali della Gioventù. Il papa venuto da lontano, che ha cambiato la storia, il nemico del comunismo, il papa sportivo, il papa pellegrino nel mondo, il Grande pontefice.  Sono solo alcuni dei titoli con cui si è cercato di rappresentare e racchiudere in sintetiche affermazioni la grandezza umana, spirituale e storica di Karol Wojtyla, sacerdote, cardinale e Pontefice della Chiesa Cattolica dal 16 Ottobre 1978 al 2 Aprile 2005. Gli oltre 26 anni di ministero e una forza fisica e morale incontenibili, gli hanno permesso di infrangere ogni tipo di record ed imprimere alla storia della Chiesa e a quella ‘laica’ un’impronta decisiva ed indelebile. Fin dalle sue prime parole pronunciate nell’omelia di inaugurazione del suo servizio petrino, il 22 Ottobre, non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo lui lo sa!”,  manifestò chiaramente a tutto il mondo l’ampiezza di visione del suo progetto pastorale e la forza morale che aveva dentro di sé e che lo avrebbe portato davvero tanto lontano. L’uomo è sempre stato al centro della sua attenzione, sia per quello che lui stesso aveva vissuto durante gli anni della dittatura comunista in Polonia, della guerra, e della perdita dei genitori e familiari, sia per quella profonda esperienza di fede avuta con l’incontro di Cristo, unico salvatore dell’uomo e della storia. Nella sua prima enciclica, che è la chiave di lettura di tutto il suo impianto teologico, pastorale e antropologico, il tema e il titolo stesso, “Redemptor hominum”, esprimono il suo desiderio di guardare alla storia dal suo baricentro che è Gesù Cristo, indissolubilmente legato alla missione di salvare l’uomo, di dargli quel senso, quella dignità, quella forza che solo nella fede può essere trovata. Papa Wojtyla ha incontrato milioni di fedeli, centinaia di capi di Stato, ha viaggiato per migliaia di chilometri per visitare e rafforzare le comunità cristiane sparse nel mondo, ha scritto decine di documenti, ha cercato di costruire ponti di dialogo con le altre confessioni cristiane, con gli ebrei (memorabile la sua storica visita alla sinagoga di Roma), con le altre religioni (altrettanto storico l’incontro di preghiera ad Assisi con tutti capi religiosi del mondo), ma sempre e soltanto per far conoscere la bellezza e la forza di Cristo. Era profondamente consapevole della immensa responsabilità del suo ‘ruolo’, e per questo ha saputo e voluto realizzare tutto ciò che poteva affinché l’uomo, ogni uomo, potesse vedere rispettata la sua dignità e la sua apertura al divino, affinché il Vangelo, annuncio di vita, “Evangelium vitae” (come è intitolata un’altra enciclica), potesse risplendere in ogni ambito della vita umana. Non a caso egli fu definito uno dei protagonisti della caduta del muro di Berlino, del crollo del sistema dittatoriale comunista. Lui che ne aveva sperimentata la diabolica chiusura a Dio, la subdola schiavitù psicologica e la sterile base antropologica. Egli volle far entrare la prospettiva cristiana in ogni ambito senza offrire soluzioni facili e scorciatoie, ma consapevole della solidità e validità della proposta cristiana in ambito sociale, del lavoro, dell’economia e della politica.  Ben tre encicliche dedicò ai temi sociali del lavoro e dell’economia, con   “Laborem exercens”, “Sollecitudo rei socialis”, “Centesimus annus”. Un altro trittico di vasto respiro e profondità teologica lo ha lasciato per fondare la missione della Chiesa e la speranza certa nel perdono e nel riscatto della miseria umana, nelle encicliche “Dives in misericordia”, “Dominus et vivificantem”, “Redemptoris missio”. Non ha mai dedicato alla comunicazione un documento ufficiale  di alto magistero, ma la sua gestualità, il tono della voce, lo sguardo attento e profondo, l’esperienza di attore e soprattutto l’amore alla Verità del vangelo, lo hanno reso uno dei più grandi comunicatori della storia. Joaquim Navarro Valls, suo portavoce fino alla morte, lo ricorda così: “si trovava a suo agio nell’atto di comunicare”. La forza della sua comunicatività risiedeva in una duplice inossidabile fiducia: nella certa capacità dell’uomo di cogliere il Vero e nella Verità delle parole del Vangelo, che lui sempre ed unicamente voleva annunciare.
per FareItaliamag: http://www.fareitalia.com/118_l_outsider__che_ha_cambiato__il_mondo

Lo si era capito fin dal giorno della sua elezione: papa Wojtyla non era un uomo qualunque, avrebbe segnato la storia della Chiesa Cattolica e del mondo intero. Un outsider che ruppe i tatticismi della curia romana e aprì, anzi, spalancò le finestre dei sacri palazzi vaticani al vento della modernità, della nuova evangelizzazione, del dialogo con le altre religioni e i non credenti. Un uomo che si manifestò profondamente affabile ed attento alla condizione dell’uomo, dei suoi diritti, ma altrettanto forte e inflessibile sui principi della morale e della Verità. La sua biografia raccoglieva le aspirazioni e le contraddizioni della decennale  divisione geopolitica tra Est ed Ovest, tra comunismo e capitalismo. Il suo magistero pontificio, segnato da un’infinità di documenti ed incontri, divenne un punto di riferimento imprescindibile per comprendere il rapporto tra fede e ragione, tra filosofia e teologia, ma soprattutto il profondo mistero dell’uomo naturalmente “aperto al mistero del Dio”. La novità del doppio nome come pontefice, iniziata dalla genialità semplice di Albino Luciani, fu accolta da Karol Wojtyla e portata avanti con quel carisma, quella personalità e quella forza fisica e morale insuperabili ed incrollabili, che lo fecero ‘regnare’ a capo di quasi un miliardo di cattolici per più di 26 anni. La sua prima enciclica, programmatica di tutto il suo ministero, la “Redemptor Hominis”, spiega chiaramente l’ampio prospettiva della sua visione antropologica e teologica. “La Chiesa - si legge nel documento - come afferma il Concilio, è “sacramento, o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano”. Proprio per tale ragione, la coscienza della Chiesa deve esser congiunta con un'apertura universale, affinché tutti possano trovare in essa “le imperscrutabili ricchezze di Cristo”[..]. Tale apertura, organicamente unita con la coscienza della propria natura, con la certezza della propria verità […], determina il dinamismo apostolico, cioè missionario, della Chiesa, la quale professa e proclama integralmente tutta quanta la verità trasmessa da Cristo”. Ecco perché egli viaggiò per tutto il globo, andando a confermare nella fede le comunità cristiane sparse in ogni angolo della terra, accettò di incontrare anche i più discutibili capi di Stato,  organizzò e realizzò storici appuntamenti come quello di Assisi, con i rappresentanti di tutte le religioni per invocare la pace, andò alla sinagoga di Roma ed entrò a piedi nudi, la prima volta di un papa, in una moschea a Damasco, visitò il suo ‘assassino’ Alì Agca, ‘inventò’ le giornate mondiali della gioventù. Un uomo giovane e fino alla fine giovanile, sportivo, amante della folle e di una certa spettacolarità che diede un’immagine totalmente nuova del papa e che influenzò sia la geopolitica che la fede di milioni di fedeli. Un uomo personalmente segnato e conoscitore degli errori e delle aberrazioni del comunismo, per questo lo combatté con tutte le sue forze. Ma, come uomo della modernità e dell’occidente, cercò anche di smascherare, con altrettanta forza, i rischi di un capitalismo senza anima, senza etica, senza lo sguardo “del bene comune”. Il 22 ottobre, inizio del suo pontificato, sarà la data liturgica della sua memoria, ma intanto in questi due giorni Roma si sta preparando a questo grandioso evento con uno spiegamento di forze ed eventi per pellegrini e turisti. Manifesti affissi ovunque, spot nella metropolitana, annunci in ogni angolo della capitale stanno anche mercificando questa figura. La beatificazione di papa Wojtyla ha varcato le soglie del semplice fatto religioso e, purtroppo, anche questa è diventata marketing.

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