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venerdì 21 dicembre 2012

Il settore della concia vicentina cerca il riscatto

Il settore della concia vicentina ha subito negli ultimi tempi un duro attacco alla sua immagina, a causa degli scandali inerenti l'evasione fiscale di milioni di euro di alcune ditte e aziende della Val di Chiampo, e per la crisi generale che sta ancora colpendo il mondo occidentale, ed italiano in particolare.
Ho avuto l'occasione di incontrare il presidente del settore, il dottor Peretti, titolare del gruppo Peretti, e alcune altre importanti figure che guardano alla concia come un settore fondamentale del 'made in Italy' e della crescita di quest'area della provincia di Vicenza.
Ho avuto ancora una volta la possibilità di conoscere più a fondo un ulteriore ambito industriale che vede in Vicenza delle eccellenze troppo spesso dimenticate dai riflettori dei media nazionali, meritovoli, invece, di un'attenzione e di una valorizzazione che non va lasciata ai soli addetti.
Non a caso la famosissima  Apple  (+ABC News +Leslie Grandy)  ha scelto due ditte di quest'area per produrre le 'cover' dei milioni di tablet realizzati dalla casa di Cupertino.
Qui il link alla rivista 'Industria vicentina' dove a pag. 4 c'è il focus da me scritto.
buona lettura:
http://www.assind.vi.it/notiziario/istituzionale.nsf/codice/189-109

lunedì 17 dicembre 2012

Prima donna al governo in Corea del Sud?

Il prossimo 19 dicembre ci saranno le ultime elezioni del 2012: in Corea del Sud si apre la corsa alle presidenziali per la guida del governo di un paese che è riuscito in pochi decenni ad essere la 11° economia del pianeta (dati OECD). Diversi i nome di marchi che hanno reso famoso questo stato, prima fra tutti la Samsung. non ultimo il divertente e banale balletto apparso su youtube 'Gangnam style' che ha portato in pochi giorni milioni di visite.
Un paese che sta rallentando leggermente la sua strabilinate crescita, ma che con il suo 3,8% di Pil (secondo  il centro di ricerca di HSBC) è lontanissimo dagli standard di crescita occidentali.
Oggi i due sfidanti sono Park Geun-hye, figlia del vecchio generale assassinato nel 1979, che aveva iniziato il grande rilancio della nazione, rappresentante del partito di centro-destra del Saenuri e Moon Jae-in, avvocato e attivista dei diritti umani, rappresentante del partito di centro-sinistra Democratic United Party.
Secondo il Time la candidata si porta il peso dell'eredità del padre, autoritario leader scampato ad un attentato, in cui perse la vita la moglie nel 1974, ma non a quello di un generale che lo assassinò nel 1979. Lei ha dichiarato: "proprio perchè conosco bene mio padre so anche quali sono le differenze tra me e lui, tra la mia politica e la sua visione".
La Corea del Sud, che si trova al 108° posto della classifica del World Economic Forum sulla differenza di genere, farebbe un posso storico nel proclamare la vittoria alla prima ed unica candidata donna. Secondo gli analisti il partito di Park troverebbe proseliti nella classe media e tra gli over 50enni, mentre i giovani sarebbeero più vicino al candidato di centro-sinistra.
Park è una donna single e senza figli, in un mondo dove le donne sono emarginate nel lavoro, dove il loro salraio è 39% inferiore a quello degli uomini. Ha puntato molto sul combattere la discriminazione sulle donne, aumentare i benefici sulla maternità e il supporto alle donne-madri.
Anche l'aspetto geopolitico rileva un importante aspetto che recentemente è tornato alla ribalta. La crescita impetuosa della Cina, la crisi economica del Giappone e il suo ritorno patriottico, l'emergere e il consolidarsi delle altre economie del sud est asiatico, come Vietnman, Indonesia e Filippine.
Entrambi i candidati si presentano come 'il cambiamento'.
vedremo a breve chi otterrà il maggior credito sul cambiamento promesso di cui ha bisogno veramente il paese.

lunedì 10 dicembre 2012

Familismo clientelare uccide l'Italia


Dal ‘familismo amorale’ al ‘familismo clientelare’. Oggi vale la fedeltà e affidabilità della propria cerchia di familiari e amici per fare affari. Mi sembra sintetizzabile, per il nostro paese, in questo sottile passaggio il cuore del libro dell’ormai noto e telegenico economista italo-americano Luigi Zingales,  Manifesto capitalista”, uscito da pochi mesi e già ai vertici del mercato editoriale e soprattutto forte stimolo alle apparizioni pubbliche del nostro economista della Chicago Booth Business School.

Il titolo originale in americano, e quindi per il mercato d’oltreoceano, è molto più accattivante e centrato sull’obiettivo: “A capitalism for the people”. Abbiamo bisogno di un capitalismo per la gente, per la crescita del benessere di un popolo, non dei ‘soliti noti’. Come titola il paragrafo finale: un sistema capitalistico per il mercato e non per il business.

L’economista, che ha un invidiabile CV ed è uno dei tanti ‘cervelli italiani’ fuggiti all’estero e che stanno riscattando l’immagine del nostro Paese nel mondo, e recentemente inserito tra i 100 pensatori più influenti al mondo da Foreign Policy, centra la sua analisi sul modello americano, cogliendone tutti i rischi e gli errori che nel recente passato ne hanno minacciato la solidità e affidabilità. Non a caso il suo ‘incipit’ si riferisce alla eccezionalità americana, cioè i suoi fattori storici, geografici, culturali e istituzionali, e allo schema ideale di Horazio Alger, il famoso scrittore che ha descritto centinaia di storie di successo in suolo americano, come di un terreno da recuperare.

La grande accusa di Zingales, che fondamentalmente parla al mondo americano, è il cancro del clientelismo penetrato nel sistema capitalistico statunitense, attraverso il crescente potere delle lobbies, della caduta del criterio del merito, dell’indebolimento del sistema educativo.

Se parlare di capitalismo americano significa evocare anche in Italia un modello cercato, imitato e invidiato nel passato, oggi la crisi dei famosi subprime nel 2008 ha indebolito la fiducia in quel sistema, che ha prodotto tanti danni anche nella nostra Italia.

Alla fine del testo, che si legge con molta facilità, mescolando dati scientifici e aneddoti personali, è presente un capitoletto per l’edizione italiana. È la parte più interessante. Ed è la tesi più dura da digerire: l’Italia manca di cultura di legalità, di merito, di fiducia e di cooperazione. Ecco perché ho parlato di ‘familismo clientelare’, perché, come dice Zingales, “si trovano le migliori segretarie e i peggiori dirigenti”, “vince al fedeltà sulla competenza”, “è più importante chi conosci piuttosto di cosa conosci”, “prevale la cultura della furbizia invece che quella dell’onestà”, perché “in Italia il delitto paga” e non è punito. L’Italia del miracolo è diventata quella del declino e perché si chiede l’autore? Per due rilevanti motivi: c’è un sistema di valori, di mancanza di etica, dovuto ad un numero esorbitante di norme per cui “nessuno si sente completamente dalla parte del diritto”, “e se tutti sono colpevoli, nessuno lo è davvero”. Il secondo motivo è dovuto al perdurare della “peggiocrazia”, sopravvissuta “distribuendo piccoli privilegi a destra e a sinistra”.

Il sistema capitalistico inquinato e corrotto dalla mancanza di etica, di valori è un pericolo per tutti.

La meritocrazia è la soluzione sia in economia che in politica, ecco perché Zingales manifesta la sua assoluta fiducia nel meccanismo del mercato, controllato da regole certe, chiare e trasparenti, per ridare a questo sistema economico, e all’Italia, il suo merito di essere il sistema migliore per far crescere materialmente e moralmente le persone.

Condivisibile la tesi sulla credibilità del capitalismo se fondato su basi morali, etiche, ma allora la domanda principale diventa: quale morale? Chi stabilisce le regole? Su quali basi fondarle?

Allora vogliamo filosofi morali che diventano economisti, come il ‘vecchio’ Adam Smith, per non trovarci a parlare dopo i disastri degli economisti con i filosofi morali e constatare ancora una volta che le crisi economiche provengono innanzitutto da crisi etiche e valoriali. Non possiamo illuderci che “Questa volta è diverso” come provocatoriamente hanno intitolato il loro poderoso testo gli economisti americani di Harvard Kenneth S. Rogoff e Carmen M. Reinhart.

giovedì 6 dicembre 2012

Corruzione Italia: nove punti per fermare il declino


L’Italia si distingue ancora negativamente nel nuovo rapporto  CPI 2012, l’indice di Transparency International che misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e politico a livello globale - da quest’anno rinnovato nella metodologia, più solida e certa: Italia al 72° posto su 174 con un punteggio di 42 su 100. Come si legge nel comunicato stampaanche quest’anno dunque l’Italia rimane in fondo alla classifica europea della trasparenza, accompagnata da Bulgaria e Grecia, con un voto ben lontano dalla sufficienza e soprattutto dai Paesi ritenuti più etici: Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda (tutti e tre con un voto di 90/100).

Corruzione, opacità, scarsi livelli di integrità, uniti a deboli sistemi di controllo e valutazione non comportano “solamente” una mancanza di moralità ed eticità nella governance del Paese, ma hanno un impatto negativo devastante sull’economica e la credibilità dell’intero sistema Paese: la Corte dei Conti ha stimato che ogni punto in meno nel CPI pesa in maniera grave sugli investimenti esteri, che fuggono anche a causa dell’indeterminatezza e opacità delle regole. Nell’ultimo rapporto del 2012 la Corte ha inoltre denunciato come la corruzione sia in grado di far lievitare i prezzi delle grandi opere pubbliche fino al 40% in più”.

Il comitato italiano indica nove punti ai politici per migliorare la trasparenza ed affidabilità:

1-      Definire la responsabilità giuridica dei partiti, più rigoroso profilo rispetto a quello già previsto dalla legge n.6 luglio del 2012.

2-      Totale trasparenza dei finanziamenti privati e dei rimborsi pubblici

3-      Adozione di sistemi di controllo interni efficaci e indipendenti

4-      Codici di condotta e sistemi di sanzionatori interni

5-      Definizione del numero massimo di mandati, massimo 2-3

6-      Pubblicità dei redditi e dei CV dei candidati

7-      Obbligo di gratuità per eventuali consulenze

8-      Inibizione per i parenti a trattare con la PA

9-      Cumulo di incarichi

 

Seconda la presidente di Transparency International Italia M. T. Brassiolo “Il Governo presente e quelli futuri dovranno mantenere l’anticorruzione in cima alla loro agenda politica: non siamo solo noi addetti del mestiere a richiederlo, ma i cittadini e le imprese che non ne possono più di veder distrutto il frutto del loro lavoro per corruzione o negligenza nell’uso delle risorse pubbliche”.

I cittadini, pur mostrando una sfiducia dilagante nell’operato della politica e, in particolar modo, dei partiti, richiedono allo stesso tempo un rinnovato impegno per riformare e modernizzare il Paese sui pilastri della legalità, della trasparenza e della responsabilità. Del Monte, project officer di TI-Italia, sottolinea come “i cittadini si sentano chiamati in causa e vogliono essere protagonisti del cambiamento. La loro partecipazione non può essere limitata al solo momento elettorale, ma può e deve diventare più incisiva e costante, anche grazie ai nuovi impegni in materia di governo aperto assunti dal nostro Paese”.

Le regole etiche alle quali Transparency International Italia intende chiedere l'adesione dei futuri candidati alle elezioni politiche regionali, nazionali ed europee si inseriscono in un processo di costruzione di una classe politica europea già in atto: "Dall'Unione Europea - osserva Nicoletta Parisi - proviene la richiesta di standard elevati di democrazia interna dei partiti, di responsabilità, di trasparenza, di condivisione dei valori dello Stato di diritto”.

Anche il sondaggio svolto internamente da TI-Italia fra i suoi soci e sostenitori conferma il giudizio negativo del CPI su settore pubblico e classe politica, sicuramente enfatizzato dai molti recenti scandali. Ritorna tuttavia un dato importante e per noi positivo: i cittadini si sentono protagonisti del contrasto alla corruzione. Che sia la sfiducia nelle istituzioni o un ritrovato senso civico, alla domanda su chi debba essere il leader della lotta alla corruzione, quasi il 30% risponde i Cittadini; seguono il Governo (25%) e, molto distante, la Magistratura (14%).

domenica 2 dicembre 2012

Renzo Rosso di Diesel: una fondazione per l'Africa

Ho avuto la fortuna di incontrare Renzo Rosso, il 'mitico' fondatore della Diesel, colozzo mondiale dei jeans e dell'abbigliamento. Mi ha ospitato nel suo bellissimo studio della sede di Breganze, mettendomi a mio agio immediatamente. E' un tipo davvero semplice, alla mano, molto intelligente e 'svelto'. A ragione guida una delle migliori aziende italiane e un classico esempio di veneto-vicentino che è partito dal nulla per diventare un leader mondiale.
Ho presentato il mio progetto-intervista alla Confindustria Vicenza, con la sua rivista "Industria vicentina", e ho realizzato questa estate l'intervista qui di seguito.
In quella occasione stavano presentando ai dipendenti interni la stagione autunno-inverno...ma ho solo potuto dare una sbirciatina senza approfondire le novità.
Mi hanno accolto alla grande e anche fatto un giro per la nuova sede, totalmente ecosostenibile e 'green', in mezzo al verde e alla luce.
La trovate sul numero 2 di Luglio 2012.
Qui di seguito un assaggio...
 
Le aziende che producono ricchezza devono redistribuire i loro profitti anche in ambito sociale, non solo nel proprio business. Credo che debbano restituire al territorio quello che in qualche

modo ricevono”. La originalità e il pragmatismo di Renzo Rosso, il fondatore della Diesel, si dimostra anche nella visione chiara del “fare affari”. La sua idea nasce da un radicamento nel territorio e nella più genuina tradizione artigianale e culturale veneta, per cui quello che si riceve bisogna restituirlo e quello che si ottiene con fatica e assiduo lavoro non ci appartiene in tutto e per tutto, va in qualche modo condiviso e restituito. Per questo spirito di attenzione e sensibilità al sociale


senza tante formalità e alchimie burocratiche, il


vulcanico Renzo Rosso ha deciso di creare una

fondazione che raccoglie parte dei proventi

economici della Diesel e degli altri brand del

gruppo per farli confluire nella fondazione


Only the brave




 
 

A Vicenza, Confindustria e Cisl convergono

L'altra sera ho moderato una interessantissima tavola rotonda in occasione della Formazione alla Cittadinanza Resposanbile di Thiene, sul tema "Quale lavoro per i giovani?Prospettive per creare lavoro", tra Giorgio Xoccato, vicepresidente di Confindustria Vicenza e Gianfranco Refosco, segretario generale di Cisl Vicenza.
Hanno iniziato il dibattito presentando alcuni dati, più o meno noti, della difficile situazione occupazionale dei giovani. In Italia abbiamo il 36% di disoccuapzione, anche se in Veneto si parla di valori molto più bassi. Ancora oggi in Veneto il tasso di disoccupazione è di circa il 5-6% rispetto alla media nazionale del 10-11%. Nonostante questo nella nostra regione nel 2012, ha riferito Refosco, hanno chiuso 3580 piccole aziende (sotto i 15 dipendenti), rispetto alle 3200 del 2011.
Anche Xoccato ha confermato i dati negativi, ma entrambi hanno sottolineato importanti conmvergenze sulle politiche del lavoro. "Oggi dobbiamo lavorare insieme per cercare e trovare nuove soluzioni".
Refosco ha invitato a pensare 'oltre la crisi' e ha elencato alcune idee su cui lavorare:
- migliorare il percorso scuoila-lavoro,
- sostenere le forme di apprendistato,
- valorizzare il territorio, come fucina di imprese e laboratorio di strt up,
- pensare strumenti com il patto provinciale sul lavoro,
- inventare flessibilità di orario di lavoro per favorire nuove assunzioni,
Xoccato ha sottolineato il "nostro nanismo imprenditoriale" che nel passato ha dato molti frutti ma ora bisogna ripensarlo, creare un "sistema paese per l'internazionalizzazione".
Entrambi hanno sottolineato l'importanza di premiare il merito dei lavoratori.
Una soluzione, iniziata con il nuovo Accordo sulla produttività, è quello di "abbassare la quota di salario fisso e rendere elestica la parte aggiuntiva legata ai risultati, alla produttività, trovando, però, un accordo obiettivo di valutazione, altrimenti si rischia la strumentalizzazione e la soggettività dei cirteri di premiazione".