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sabato 1 ottobre 2011

Lo Zambia alla Cina: rispettate le nostre leggi

Rispettate le nostre leggi, non possiamo permettere lo sfruttamento dei nostri lavoratori zambiani”. Sono dure le prime parole di Michael Sata, nuovo presidente dello Zambia, all’ambasciatore della Cina. Espressioni che avevano già contrassegnato la sua campagna elettorale a difesa dei lavoratori locali e molto critica con le multinazionali, in particolar modo quelle cinesi, che hanno fatto dello Zambia, ricchissimo paese di risorse minerarie, una ‘terra di conquista e sfruttamento’. Leader del maggiore partito dell’opposizione, il Fronte Patriottico (FP), Sata ha vinto con il 43% dei voti le recenti elezioni democratiche multipartitiche svoltesi lo scorso 20 settembre. Soprannominato “il re cobra’, questo 74enne ha ottenuto la vittoria dopo aver perso le precedente due tornate elettorali del 2001 e 2006, presentandosi come la voce dei poveri e degli sfruttati, soprattutto delle città e dei giovani. Sata ha costruito la sua immagine di uomo politico carismatico attraverso alcune iniziative politiche attuate durante i suoi precedenti incarichi a livello locale nel settore della sanità, igiene e dell’educazione, come quando introdusse una legge contro “chi urina, defeca e sporca nei luoghi pubblici” o come quando si presentava improvvisamente negli ospedali e rimproverava o sanzionava pubblicamente e duramente gli “impiegati pigri e improduttivi”. Sata, che ha costruito in pochi anni un vasto partito politico attraversando in lungo e in largo le campagne dello Zambia, saputo vincere contro il potente Rupiah Banda, del partito del Movimento per una Democrazie Multipartitica (MDM), rimasto al potere per 20 anni, che aveva fatto della crescita economica un vanto personale. La fase pre-elettorale è stata caratterizzata da forti tensioni e violenze, come spesso accade nei paesi africani, dove le diverse appartenenze etniche e tribali, segnano ogni livello e genere di relazione e rapporto, politico e sociale.
Dopo aver ottenuto l’indipendenza dall’Inghilterra nel 1964 e un sistema multipartitico nel 1991, lo Zambia, con i suoi 12 milioni di abitanti, ha raggiunto nell’ultimo decennio grandi livelli di crescita economica. Secondo i dati ufficiali, confermati anche dalla Banca Mondiale, il tasso medio di crescita è stato del 5-6%, addirittura del 7.6% nel 2010. Trainata soprattutto dalla estrazione di rame, di cui è tra i maggiori esportatori mondiali, il documento Zambia Vision 2030, ha allargato anche al rinnovamento del settore agricolo e delle infrastrutture gli sforzi di politica economica. Anche il recente piano quinquennale di programmazione 2011-2016, dal titolo “Sostegno alla crescita economica e alla riduzione della povertà”, ha ulteriormente focalizzato la strategia a medio termine sulle infrastrutture e sul capitale umano. Per questo le parole di Sata sono state un forte e chiaro avvertimento a tutti gli investitori stranieri, e cinesi in particolare, che dovranno “dare salari più equi ed elevati ai lavoratori locali e valorizzare i zambiani nelle piccole attività, come i ristoranti, evitando di importare forza lavoro straniera a discapito di quella interna”. La Cina, infatti, ha investito molto in questo paese africano. Il paese africano, infatti, pur avendo raggiunto alti livelli di crescita, non ha visto una giusta ed equa redistribuzione della enorme ricchezza creata dalle multinazionali. Secondo un rapporto dell’agenzia della Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) la malaria causa ancora oggi 50 mila morti ogni anno (il 23% di tutte le mori del paese), la diarrea circa il 7%. Secondo un studio di una ong locale, riporta l’agenzia fides, solo il 58% degli abitanti dello Zambia ha accesso ai servizi igienici sanitari adeguati, mentre il 13% non dispone di nessun tipo di  toilette. Il governo ha provveduto a migliorare i sistemi idrici e sanitari nelle zone urbane, lasciando gli insediamenti urbani semiperiferici ad alta densità di popolazione, privi di spazi, con un terreno povero non adatto alla costruzione di latrine e con una precaria rete stradale che ha contribuito ad aggravare seriamente i problemi di drenaggio delle acque. Nonostante i progressi ottenuti il 59% della popolazione vive la linea di povertà, dei 2 dollari al giorno, e il 37% è estremamente povera. Anche il dramma dell’HIV/AIDS aggrava la situazione dei poveri, ed è ancora molto diffuso. Secondo il Consiglio Nazionale della lotta all’Aids, un adulto su tre è infetto e i dati del 2009 dicono che ogni giorno 200 adulti contraggono l’infezione. Le voci critiche non mancano, come quella del Jesuit Centre for Theological Reflection di Lusaka, che nel riconoscere questi progressi macroeconomici, ricorda però che “la crescita economica non si traduce automaticamente in sviluppo economico attraverso l'effetto trickledown”, la teoria secondo cui la ricchezza accumulata da pochi avrà effetti positivi anche sugli strati sociali meno abbienti aumentando il benessere sociale dell’intera collettività. “La teoria altamente pubblicizzata del trickledown - continua la nota - è più una forma di retorica politica che una realtà. Essa può produrre crescita economica, ma non sempre garantisce lo sviluppo economico. I cittadini dello Zambia hanno bisogno di vedere cose tangibili, come l'accesso ai servizi sanitari di qualità, all’acqua potabile, ad un alloggio e ad un lavoro dignitosi, di avvertire l'effetto della crescita e non di mere statistiche economiche”.
“La crescita economica della quale siamo così orgogliosi non deve farci perdere di vista l’obbiettivo dello sradicamento della povertà e della disuguaglianza nello Zambia” affermano i gesuiti. I religiosi criticano in particolare il modo con il quale viene ridistribuita la ricchezza prodotta: “un’economia in crescita che destina solo lo 0,2% del bilancio del 2011 ai fondi sociali per le persone più vulnerabili, che costituiscono la maggioranza della popolazione, e che permette solo al 36% della popolazione di vivere al di sopra della linea di povertà, non è una crescita della quale essere orgogliosi. Dopo aver messo l'economia sul sentiero della crescita, il Governo ha di fronte una sfida più grande: garantire che la crescita economica sia equamente condivisa”. L’Indice di Sviluppo Umano dell’ONU del 2010 ha mostrato chiaramente come le condizioni di vita si siano deteriorate in Zambia, e come il Paese sia uno dei tre Paesi che stanno peggio di come stavano nel 1970. Le sfide del neo presidente sono ancora tante, ma il sostegno della popolazione e delle maggiori istituzioni internazionali sono un buon auspicio.

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